Apr

19

Almanacco europeo – 5

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Apr

19

Almanacco europeo – 4

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Apr

19

Almanacco europeo – 3

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Apr

19

Almanacco Europeo – 2

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Apr

19

Almanacco europeo – 1

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Ago

28

Le dieci domande per le quali Berlusconi ha querelato Repubblica.

Non ho chiesto il permesso di Repubblica per riprendere il testo, ma in questi casi basta citare la fonte, che è il sito del giornale online.

Tutti i blogger dovrebbero riprendere tale testo, in modo da rendere ancora più pubbliche le domande stesse e rendere palese a tutti che il Presidente del Consiglio italiano sta cercando di mettere il bavaglio non a diffamatori abituali, ma a persone che pongono domande e, da cittadini, hanno il diritto di avere risposte.

Più blog faranno questo, più vi saranno possibilità di continuare a far circolare il testo che Berlusconi considera diffamatorio e retorico.

Se poi vorrà, potrà svenarsi in  spese legali cercando soddisfazione da tutti i siti che avranno pubblicato ciò che lui non sopporta.

E adesso denunciaci tutti…

Piero Graglia

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Ago

28

Un salto nel passato…

I due file PDF allegati a questo messaggio sono un documento incredibilmente attuale, ma anche il segno di quanto poco sia stato capito di Berlusconi dai primi anni Novanta a oggi. Si tratta di un opuscolo che il settimanale satirico “Cuore” aveva allegato nel maggio 1993 a un suo numero, ed è un opuscolo tutto dedicato a Berlusconi, già miliardario ma non ancora politico. Sorprende soprattutto che solo i coraggiosi e pazzarelli redattori di Cuore (basta ricordare alcuni nomi: Michele Serra, Andrea Aloi, Lia Celi) avessero la forza e la voglia di dire, con il loro modo scanzonato e trasgressivo, quanto Berlusconi fosse pericoloso. Sono rimasti i soli a farlo all’epoca, mentre tutti, compresa la gloriosa sinistra di lotta e di governo lasciava sostanzialmente lo spazio a Berlusconi per fare ciò che lui voleva. E’ per questo che leggere oggi questo gustoso libretto fa impressione: è il simbolo di un collettivo rincoglionimento, prima sociale e poi politico, che scontiamo da 15 anni e probabilmente continueremo a scontare ancora per un bel pezzo.

Buona lettura.

CuoreContro1

CuoreContro2

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Lug

8

Quando un imbecille canta

La figura che ha fatto il parlamentare della Lega Salvini rischia di affogare nel ludibrio al quale questa classe di governo ci ha ormai abituato da qualche tempo a questa parte. Cos’ha fatto il Salvini? semplicemente è stato ripreso da un telefonino mentre canta una canzonaccia della Lega, insieme a suoi compagni di partito e col boccale di birra in bella vista in mano, durante una riunione leghista a Pontida. La canzonaccia paragona i napoletani, colerosi e terremotati, ai cani, e non è altro che una delle ennesime stupide canzoni che costellano l’immaginario eversivo della politica italiana, dal “ce ne freghiamo della galera” dei primi fasci al “se vedi nero spara a vista, o è un prete o è un fascista” degli anni di piombo. Ciò che cambia oggi è la chiosa preoccupata, quasi dotta se non ci si vergognasse a paragonare l’intellettualità vuota di Salvini a qualcosa che somigli a qualcosa di culturale, con la quale il leghista ha giustificato la sua performance canora: “era una canzone tra amici, la politica non c’entra nulla”. Col che Salvini ci informa che: 1) per lui la pratica politica è qualcosa di slegato dai comportamenti quotidiani anche privati (mi ricorda qualcosa, o meglio, qualcuno); 2) la posizione razzista la si deve negare pubblicamente ma può essere agita in privato, anche con la soddisfazione del branco; 3) c’è un senso di impunità che viene alimentato dalle battute dei compagni di coalizione del Salvini, tutti adesso in gara per scusare, giustificare, capire e motivare variamente la cosa. Leggi il seguito »
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Giu

27

Un atto di chiarezza (alla faccia del camionista bulgaro sbronzo)

I momenti che sta passando il PD non sono momenti facili, per nulla; tuttavia sono la prova di un fermento e di una vivacità che altre realtà politiche non hanno o hanno purtroppo dimenticato di avere. Prima di parlare però dei termini delle possibili novità sul campo, conviene ripassare alcuni punti fondamentali che nell’entusiasmo – o nell’attesa di qualcosa di nuovo, dimentichiamo spesso. Le avrei dette, queste cose, oggi al lingotto, se non avessi incontrato alle sette di mattina un simpatico camionista di Asenovgrad che mi ha distrutto la macchina tamponandomi e poi rifacendomi la fiancata dell’auto, costringendomi a passare la mattina tra poliziotti, carro attrezzi e medici.
Ma non divaghiamo. Dunque:
1. Un partito non è e non deve essere un insieme di persone che si amano, oppure un gruppo di amici. Questo non esclude ovviamente che esistano rapporti di affinità stretta tra alcuni, ma non si può e non si deve impostare la natura di un partito politico idealizzando un «idem sentire» che raramente esiste. Un partito politico è un gruppo di persone che condividono alcuni obiettivi comuni e un progetto di società (ma con visioni plurime che presentano anche grandi differenze), che si impegnano per raggiungerli decidendo al loro interno, con un congresso, quale parte è la più forte e quindi convincendo la maggior parte delle persone (degli elettori) sulla giustezza di questi obiettivi e sulla correttezza delle vie e dei metodi per raggiungerli.
2. Un partito deve avere un ricambio generazionale della dirigenza costante, non derivante dalla volontà dei leader in carica bensì dalla qualità delle proposte che i più giovani fanno confrontata con l’esperienza maturata dai più vecchi e scafati. Un partito che viva di delfini, di fenomeni, di miracoli leaderistici improvvisi è un partito che non ha un’anima chiara, che si affida al leaderismo d’occasione ma che non ha chiaro intorno a cosa questa possibile leadership viene costruita e si struttura.
3. Un partito è uno strumento per gestire il potere politico nazionale e locale che gli elettori periodicamente decidono di affidare a esso con le elezioni. Non dobbiamo mai dimenticarcelo poiché sono gli interessi, più che le idee, a tenere in sella esponenti di partito ormai decotti e che non hanno più nulla da dire o da fare. Ogni volta che si commette l’errore di pensare che le idealità siano superiori agli interessi ci troviamo in condizione di doverci poi stupire se una legge sul conflitto di interessi di Berlusconi non è stata fatta dai governi di centrosinistra, e se si è ancora ostaggi di linguaggi e di modi di fare politica che possono andare bene per un sindacato, non per un partito che vuole interpretare la società italiana ed europea contemporanea.

Detto questo, si potrà capire perché della querelle su chi dovrà essere il futuro segretario del PD mi interessa solo la parte che si concentra sulle idee della persona candidata, mentre mi schifa il toto-segretario con la girandola di nomi che già in questi giorni comincia a circolare. Prima pagare, poi cammello, come dice Ivan Scalfarotto, e il «pagare» è: prima dicci le tue idee, le tue visioni, il tuo progetto, il tuo programma per gestire l’insieme delle relazioni economiche, sociali, culturali che compongono la società italiana, e poi io deciderò cosa fare, cercando di convincere chi mi è vicino o simile della giustezza di quanto proponi.
Di idee, visioni, progetti, io non ho ancora sentito parlare, a parte i giovani del Lingotto che dicono cose che già conosco e condivido ma che non esprimono ancora, a quanto pare, una posizione comune; vedo solo bagarre per decidere priorità di posti e occupazioni di posizioni preventive in vista del congresso.
Quando mi sono candidato al Parlamento per il PD, ho sentito la responsabilità e il peso di un atto politico; dopo aver visto che più di 4.000 persone hanno ritenuto di darmi il loro appoggio, continuo a sentire, aumentata, questa responsabilità. Quindi, come Ivan dico: prima pagare poi vedere cammello, intendendo con questo un invito a mettere sul piatto idee e convinzioni, progetti e visioni e vedere quanto si possono condividere e appoggiare. E visto che non si accetta il tutto e il contrario di tutto metto subito le mani avanti e dico che su alcuni temi non ci deve essere alcuna incertezza o alcun compromesso:
–    la difesa integrale dei diritti civili, quali sono riconosciuti nella Carta dei diritti dell’Unione europea
–    l’eliminazione di ogni discriminazione nei confronti delle persone GLBT e l’introduzione di unioni civili alternative al matrimonio eterosessuale,
–    la laicità dello Stato e delle sue istituzioni intesa come pari dignità delle confessioni religiose di fronte alle legge,
–    l’eliminazione del finanziamento statale delle confessioni religiose e delle loro attività, che devono essere sostenute volontariamente dai fedeli; eventuali attività caritatevoli e assistenziali per avere il sostegno statale vanno gestite tramite fondazioni che vedano la partecipazione nei cda di esponenti di nomina del governo nazionale o delle giunte delle regioni che ospitano tali attività, con il controllo parlamentare,
–    l’approvazione di una moderna legge sull’editoria tradizionale e televisiva, che sancisca l’incompatibilità totale tra la proprietà di attività di editoria e televisione e l’assunzione di incarichi nelle istituzioni,
–    la difesa dell’obbligatorietà dell’azione penale e il mantenimento dell’autonomia della magistratura rispetto al potere esecutivo,
–    la coscienza che in una società globalizzata la diversità culturale deve essere considerata un patrimonio e un volano di sviluppo e non un ostacolo; fatto salvo ovviamente il rispetto delle leggi vigenti e del diritti fondamentali garantiti alla persona.

Ecco, già solo su questi punti vorrei ascoltare qualcuno dei possibili «candidati» dire la sua e su questa base scegliere poi chi appoggiare. Ma se nessuno dovesse dir nulla, o preferisse passare il suo tempo a fare lavoretti di corridoio per promuovere questa o quella soluzione di vertice in vista del prossimo congresso, allora preferisco dire «no, grazie» e tornare a fare altro. Un partito che non sceglie di prendere posizione su questi temi, almeno su questi, è un sistema di pura gestione del potere, non una fonte di idee e di azione; è un partito morto, non un organismo vivo. E io, preferisco vivere.

Piero Graglia

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Giu

23

Un paese di puttane

C’è qualcosa di perverso nel modo in cui si sta affrontando – o meglio, non si sta affrontando – una nuova questione morale che emerge ed esonda dalle ultime notizie. A Palazzo Grazioli, residenza del Presidente del Consiglio, si sarebbero svolti festini a base di prostitute graziosamente concesse a Berlusconi e ai suoi amici e sodali; a Villa La Certosa, in Sardegna, l’occhio malizioso dei teleobiettivi documenta svaghi licenziosi ed erezioni di capi di governo stranieri (ah, la globalizzazione…) con soavi culetti all’aria stesi al sole. Di fronte a queste evidenze imbarazzanti, il presidente del Consiglio invoca la privacy e la libertà di fare quello che vuole e tutto il suo codazzo si adegua con aquiescenza.

Intendiamoci, le puttane esistono da sempre e si tratta di una professione liberale perfettamente lecita. Chiunque può vendere il proprio corpo e si punisce infatti solo chi guadagna da questo commercio, non chi lo fa direttamente. Ma le puttane non sono le ragazze che per 2000 euro accettano di ballare o di strusciarsi con i potenti. Le puttane, molto più scandalose e censurabili, sono i giornalisti, i direttori di telegiornale, i direttori di giornali che accettano questa deriva e questo sprofondamento della morale comune, accettando di tacere lo scandalo o, al limite, cercando di giustificarlo parlando di processi mediatici. Forse, sembrano suggerire, il sogno del maschio italiano medio è quello di essere parte attiva in questi festini, di poter condividere l’ebbrezza e la licenziosità di un baccanale fatto sotto lo sguardo dei bodyguard in una residenza di Stato. Quindi, perché parlarne? perché invocare una nuova questione morale quando si tratta solo di innocenti e normali espressioni di un potere che non è assoluto, ancora, ma che vorrebbe esserlo?

Be’, queste sono le vere puttane da combattere e da censurare. Questi signori – e forse anche alcune signore, ho già qualche nome in mente – che ossequiano il potere in maniera oscena, che si imbarazzano quando sentono o vedono critiche al signore e padrone e che non sanno spendere una parola per informare il pubblico che compra i loro giornali, che guarda i loro programmi, che si affida a loro per crearsi un’opinione.

In questo silenzio ssordante e imbarazzante, è la rete che svolge il compito di dire a tutti, anzi, urlare a tutti, che il re è nudo, che il presidente del Consiglio italiano è un personaggio patetico ridotto al punto di doversi procurare, nella sua frenesia sessuale impotente, ragazze a pagamento a iosa; che lo spessore morale del Paese sta precipitando a livelli paragonabili a quelli esistenti nella Roma di Caligola, dove tutto si accetta, tutto si giustifica, tutto si esalta come una sorta di applicazione sul campo del diritto divino del potere. In questo osceno sprofondamento, in questa orgia di servilismo, le puttane di regime sono  bene evidenti e individuabili, hanno nome e cognome, hanno funzioni e incarichi ben pagati: nessuno può dire che le responsabilità sono diffuse, che la colpa è del clima morale rilassato, che tutti hanno fatto il loro dovere, sempre, e che va tutto bene. Niente va bene, stiamo diventando un paese di puttane e, quel che è peggio, stanno cercando di abituarci a questo, di farci credere che è normale, che è giusto, e che ci deve piacere. A noi no, non piace, non piace affatto…

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