Giu

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Un atto di chiarezza (alla faccia del camionista bulgaro sbronzo)

I momenti che sta passando il PD non sono momenti facili, per nulla; tuttavia sono la prova di un fermento e di una vivacità che altre realtà politiche non hanno o hanno purtroppo dimenticato di avere. Prima di parlare però dei termini delle possibili novità sul campo, conviene ripassare alcuni punti fondamentali che nell’entusiasmo – o nell’attesa di qualcosa di nuovo, dimentichiamo spesso. Le avrei dette, queste cose, oggi al lingotto, se non avessi incontrato alle sette di mattina un simpatico camionista di Asenovgrad che mi ha distrutto la macchina tamponandomi e poi rifacendomi la fiancata dell’auto, costringendomi a passare la mattina tra poliziotti, carro attrezzi e medici.
Ma non divaghiamo. Dunque:
1. Un partito non è e non deve essere un insieme di persone che si amano, oppure un gruppo di amici. Questo non esclude ovviamente che esistano rapporti di affinità stretta tra alcuni, ma non si può e non si deve impostare la natura di un partito politico idealizzando un «idem sentire» che raramente esiste. Un partito politico è un gruppo di persone che condividono alcuni obiettivi comuni e un progetto di società (ma con visioni plurime che presentano anche grandi differenze), che si impegnano per raggiungerli decidendo al loro interno, con un congresso, quale parte è la più forte e quindi convincendo la maggior parte delle persone (degli elettori) sulla giustezza di questi obiettivi e sulla correttezza delle vie e dei metodi per raggiungerli.
2. Un partito deve avere un ricambio generazionale della dirigenza costante, non derivante dalla volontà dei leader in carica bensì dalla qualità delle proposte che i più giovani fanno confrontata con l’esperienza maturata dai più vecchi e scafati. Un partito che viva di delfini, di fenomeni, di miracoli leaderistici improvvisi è un partito che non ha un’anima chiara, che si affida al leaderismo d’occasione ma che non ha chiaro intorno a cosa questa possibile leadership viene costruita e si struttura.
3. Un partito è uno strumento per gestire il potere politico nazionale e locale che gli elettori periodicamente decidono di affidare a esso con le elezioni. Non dobbiamo mai dimenticarcelo poiché sono gli interessi, più che le idee, a tenere in sella esponenti di partito ormai decotti e che non hanno più nulla da dire o da fare. Ogni volta che si commette l’errore di pensare che le idealità siano superiori agli interessi ci troviamo in condizione di doverci poi stupire se una legge sul conflitto di interessi di Berlusconi non è stata fatta dai governi di centrosinistra, e se si è ancora ostaggi di linguaggi e di modi di fare politica che possono andare bene per un sindacato, non per un partito che vuole interpretare la società italiana ed europea contemporanea.

Detto questo, si potrà capire perché della querelle su chi dovrà essere il futuro segretario del PD mi interessa solo la parte che si concentra sulle idee della persona candidata, mentre mi schifa il toto-segretario con la girandola di nomi che già in questi giorni comincia a circolare. Prima pagare, poi cammello, come dice Ivan Scalfarotto, e il «pagare» è: prima dicci le tue idee, le tue visioni, il tuo progetto, il tuo programma per gestire l’insieme delle relazioni economiche, sociali, culturali che compongono la società italiana, e poi io deciderò cosa fare, cercando di convincere chi mi è vicino o simile della giustezza di quanto proponi.
Di idee, visioni, progetti, io non ho ancora sentito parlare, a parte i giovani del Lingotto che dicono cose che già conosco e condivido ma che non esprimono ancora, a quanto pare, una posizione comune; vedo solo bagarre per decidere priorità di posti e occupazioni di posizioni preventive in vista del congresso.
Quando mi sono candidato al Parlamento per il PD, ho sentito la responsabilità e il peso di un atto politico; dopo aver visto che più di 4.000 persone hanno ritenuto di darmi il loro appoggio, continuo a sentire, aumentata, questa responsabilità. Quindi, come Ivan dico: prima pagare poi vedere cammello, intendendo con questo un invito a mettere sul piatto idee e convinzioni, progetti e visioni e vedere quanto si possono condividere e appoggiare. E visto che non si accetta il tutto e il contrario di tutto metto subito le mani avanti e dico che su alcuni temi non ci deve essere alcuna incertezza o alcun compromesso:
–    la difesa integrale dei diritti civili, quali sono riconosciuti nella Carta dei diritti dell’Unione europea
–    l’eliminazione di ogni discriminazione nei confronti delle persone GLBT e l’introduzione di unioni civili alternative al matrimonio eterosessuale,
–    la laicità dello Stato e delle sue istituzioni intesa come pari dignità delle confessioni religiose di fronte alle legge,
–    l’eliminazione del finanziamento statale delle confessioni religiose e delle loro attività, che devono essere sostenute volontariamente dai fedeli; eventuali attività caritatevoli e assistenziali per avere il sostegno statale vanno gestite tramite fondazioni che vedano la partecipazione nei cda di esponenti di nomina del governo nazionale o delle giunte delle regioni che ospitano tali attività, con il controllo parlamentare,
–    l’approvazione di una moderna legge sull’editoria tradizionale e televisiva, che sancisca l’incompatibilità totale tra la proprietà di attività di editoria e televisione e l’assunzione di incarichi nelle istituzioni,
–    la difesa dell’obbligatorietà dell’azione penale e il mantenimento dell’autonomia della magistratura rispetto al potere esecutivo,
–    la coscienza che in una società globalizzata la diversità culturale deve essere considerata un patrimonio e un volano di sviluppo e non un ostacolo; fatto salvo ovviamente il rispetto delle leggi vigenti e del diritti fondamentali garantiti alla persona.

Ecco, già solo su questi punti vorrei ascoltare qualcuno dei possibili «candidati» dire la sua e su questa base scegliere poi chi appoggiare. Ma se nessuno dovesse dir nulla, o preferisse passare il suo tempo a fare lavoretti di corridoio per promuovere questa o quella soluzione di vertice in vista del prossimo congresso, allora preferisco dire «no, grazie» e tornare a fare altro. Un partito che non sceglie di prendere posizione su questi temi, almeno su questi, è un sistema di pura gestione del potere, non una fonte di idee e di azione; è un partito morto, non un organismo vivo. E io, preferisco vivere.

Piero Graglia


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