E’ stata una festa, con qualche strillo e con qualche intemperanza, ma sostanzialmente senza disordini o incidenti. Una festa di popolo, si sarebbe detto una volta. Però oggi va detto che gran parte della piazza era di un’età media over 40, mentre i giovani – quelli veri – sfilavano, chiassosi e variopinti, a lato della piazza ‘ufficiale’.
Il vecchio Aldo Garosci, uno dei compagni di Carlo Rosselli in Francia, negli anni Trenta, durante la contestazione studentesca del 1968 parlava agli studenti di Resistenza che continuava. E loro lo fischiavano. Oggi nessuno parla di Resistenza agli studenti ventenni, e loro inneggiano alla figura del partigiano con il fazzoletto rosso al collo e colle scarpe rotte. Forse idealizzandola un poco, forse conoscendo anche a malapena cosa è stata la lotta di Resistenza, ignorando la differenza tra fascismo movimento e fascismo regime, confondendo magari i nomi delle diverse ‘famiglie’ di formazioni partigiane operanti nella Resistenza. Però non c’è nessuno che cerchi di spiegarglielo. Non c’è nessuno che gli dica, pianamente: “ok, il partigiano è una persona che si ribella, che combatte. Ma gli ideali della Resistenza, il suo disegno, lo conoscete?”
Invece si continua a mandare avanti un modello impolverato di Resistenza, buona forse per i cinquantenni, forse ancora digeribile per i quarantenni, ma assolutamente neutra per i ventenni. Su questo piano si favorisce l’atteggiamento di quelli che, come Formigoni, parlano di “rispettare anche chi in buona fede combatteva per la parte sbagliata”. Non è vero che la storia ha già dato il suo verdetto. La storia è qualcosa che cambia come cambiano le idee, come cambiano gli uomini: è una narrazione, e come tale mutevole e modificabile. Tra venti anni la storia verrà scritta da chi ha sentito ripetere mille volte quella frase detta da Formigoni sul palco, che oggi appare confutabile con facilità . Tra venti anni sarà invece una verità ‘storica’ e nessuno si azzarderà a mettere in discussione che repubblichini e partigiani, in fondo in fondo, hanno sbagliato entrambi, hanno ucciso entrambi, avevano ragione, a modo loro, entrambi.
Parliamo quindi della Resistenza, delle idee di riscossa sociale, di lotta al nazionalismo, di unificazione europea che essa ha prodotto. Parliamone sempre, non solo il 25 aprile. Ricordiamo che la libertà è qualcosa di fragile, di delicato, che va difeso contro ogni banalizzazione, contro ogni tentativo di far passare i fascisti di Salò alleati dei nazisti come poveri ragazzi in buona fede, magari mal consigliati. Alcuni ce ne saranno stati, senza dubbio, ma le idee per le quali combattevano erano odiose allora, sono terribili oggi.
Diciamolo, fuori da ogni retorica, fuori da ogni banalizzazione. Ma non diciamocelo solo tra di noi, diciamolo a loro, ai ragazzi dei centri sociali e della sinistra antagonista e alternativa. Oppure la piazza sarà sempre più spopolata, e i “Formisconi” sempre più numerosi.