Apr

25

La massa degli ignari

All’inizio erano coreografici. Nelle loro riunioni dominavano i miti antichi, gli elmi con le corna e gli spadoni sguainati dei popoli del Nord; scorreva molta birra in quelle sagre politiche, molti si ubriacavano e cantavano canzonacce sguaiate, si proclamava l’unicitĂ  e l’eccezionalitĂ  del ceppo del nord, contrapposto alla mollezza e alla ottusitĂ  del sud dell’Europa. Gli oratori, dal palco, ripetevano insulti e sberleffi ad avversari politici, gli intellettuali della parte opposta erano ridicolizzati, quelli a favore tollerati ma tenuti a bada come portatori di uno strano virus dell’intelligenza. Ogni discorso però si scioglieva nell’osanna al capo, quando interveniva finalmente sbraitando dal palco sotto l’occhio vigile della milizia di partito posta a cordone.

Una descrizione di questo tipo, letta oggi, richiama alle riunioni agresti della Lega nord per l’indipendenza della Padania; un cittadino tedesco del 1930 non avrebbe problemi a individuare in questa descrizione una riunione-tipo del NSDAP, Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, il partito di Hitler: “Hinaus mit den welschen Plunder” (via la spazzatura latina) era uno degli slogan preferiti durante le riunioni del NSDAP, ed era anche il meno truce. Certo, ce ne corre, direbbe qualcuno. La Lega è democratica. La Lega respinge la violenza, proclamata talvolta solo come incentivo collettivo di appartenenza e come vellicamento per rinsaldare lo spirito combattivo del gruppo/partito. Ebbene, sorprenderebbe forse notare che non esiste, nei tanti discorsi di Umberto Bossi, una aperta accettazione del metodo democratico di lotta politica, mentre ampio spazio è stato lasciato a quella pressochĂ© infinita sequela di provocazioni, battute, allusioni alla possibilitĂ  che la Lega cerchi di opporsi con metodi violenti a chi in questo paese – pochi – ancora tiene alle istituzioni democratiche e repubblicane.

Nessuno pensa che l’elettorato-tipo della Lega, piccoli commercianti, ceto medio, qualche professionista, qualche industrialotto, possa essere realmente in grado di seguire la strada violenta portata avanti da un partito che

a)   professa la rivolta eversiva contro lo stato su base falsamente etnica, predicando l’indipendenza della padania, entitĂ  geografico-etnica che è pura invenzione politica

b)   organizza milizie di partito, le camicie verdi (non importa quanto credibili ed efficienti, basta il principio a sconvolgere uno dei pilastri della lotta politica nell’Italia anti-fascista)

c)   propone propri simboli di appartenenza, che cerca di imporre ovunque, anche sugli edifici pubblici, come strumento di occupazione dello spazio sociale condiviso

d)   non perde occasione per sostenere tesi xenofobe e razziste

e)   incita all’odio razziale e religioso.

Il problema non è quindi se la Lega ha i numeri o meno per mettere in campo i suoi trecentomila fucili, più volte buttati sul tavolo della comunicazione politica; il problema è che ci si abitua a determinate espressioni, ci si indigna e ci si preoccupa la prima volta, ci si scandalizza la seconda, la terza e la quarta si alzano le spalle ma intanto il principio, sia tra gli oppositori sia tra i fedeli è passato.

Gli amministratori locali della Lega, a tutti i livelli, sono sicuramente delle persone normali dedite a normali attivitĂ , ma non per questo sono immuni dalla piccola-grande domanda: se un domani gli chiedessero se sono d’accordo con la deportazione coatta dei migranti clandestini dal loro territorio, magari con mezzi spicci, che cosa risponderebbero? Se gli proponessero misure di segregazione razziale nel loro territorio, sarebbero in grado di opporsi “politicamente”? L’espressione “partito neonazista di massa” preoccupa o appare eccessiva, ma i dati sono quelli. Definizioni che possono disturbare o apparire grottesche, ma non è un’invenzione ricordare la proposta dei sedili riservati agli italiani sui mezzi pubblici milanesi (l’europarlamentare Salvini); non è una notizia inventata l’urina di porco versata sul terreno dove si prevedeva di costruire una moschea senza oneri per lo stato (il ministro Calderoli); ed è stato un ministro leghista, Caselli, a dichiarare che “dobbiamo respingere gli immigrati, ma non gli possiamo sparare, almeno per ora”. Per tacere del Borghezio che è figura notissima all’Interpol per le sue frequentazioni eversive internazionali.

Questi esempi sono eloquenti, perchĂ© escono dall’ambito ristretto delle riunioni e assemblee politiche, dove si sente molto di peggio, ma sono esempi di come la Lega e i suoi esponenti si pongono nei confronti della societĂ  italiana, non solo degli aderenti. Il sindaco di Venezia o di Torino si fanno vedere senza problemi accanto a loro perchĂ© tutti in questo Paese felice hanno perso il senso delle proporzioni, accettano senza problemi lo scempio quotidiano alle istituzioni che i leghisti operano, con la loro semplice presenza e la loro predicazione politica che incontra la pancia della gente, non la testa. Vincere le elezioni non è garanzia di democraticitĂ  dei programmi, e amministrare una comunitĂ  locale, magari passabilmente, non assolve dal proporre o accettare o condividere una visione politica complessiva aberrante e fondata sull’esclusione, il conflitto, l’emarginazione. Per tenere in ordine strade e marciapiedi non serve un’ideologia; per decidere chi li deve usare, sì.

L’accettazione passiva di piccole innocenti parole d’ordine dal contenuto parzialmente eversivo – ma rassicurante – in un crescendo di esagerazioni e di insulti, di vilipendio dei simboli repubblicani e dei valori fondanti della comunitĂ , si struttura in discorso politico complesso, potenzialmente eversivo. E a quel punto è quasi sempre tardi.

La Lega è un perfetto esempio di partito nazista di massa. E non spero di avere torto, spero nell’intelligenza delle persone che la votano entusiaste.


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